Il
pappagallo di Churchill insulta ancora i nazi
LONDRA - C’è chi, anche invecchiando, non perde il
senso dell’umorismo. Alla vetusta età di 104 anni,
Charlie ha ancora voglia di scherzare e continua
pure a pronunciare le frasi che una volta facevano
sorridere il suo ex proprietario. Charlie è un
pappagallo femmina e aveva un proprietario di tutto
rispetto: infatti dal 1937 al 1965 fu un prezioso
alleato di Wiston Churchill. Il grande statista
aveva insegnato alla pappagallina, un macao dalle
penne blu e oro cui aveva dato un nome maschile
nonostante fosse femmina, non solo a dire parolacce,
ma anche a riversare contro Hitler e nazisti gli
insulti più scurrili. Vocabolario tutt’altro che
signorile che, a 39 anni dalla morte di Churchill,
Charlie non ha dimenticato. «Ormai dimostra i suoi
anni, ma continua ad avere grande successo con i
nostri clienti», racconta Sylvia Martin, del centro
di giardinaggio di Reigate, nel Surrey, dove il
volatile vive da tempo. «Quando apre il becco e
manda a quel paese Hitler e i nazisti si fanno tutti
grandi risate».
Proprio a causa della sua propensione a usare parole
poco educate, però, la pappagallina, dai tempi di
Churchill, non ha più abitato in famiglia. Dopo la
morte del primo ministro fu acquistata da un
privato, Peter Oram, poi costretto a disfarsene
perché i figli imparavano dall’uccello parlante una
serie di vocaboli poco indicati. Da allora Charlie
abita nel centro di giardinaggio.
Stando a chi l’ha sentita, dal suo primo e
indimenticabile insegnante Charlie ha preso anche
l’accento: l’inflessione è la stessa, e quando parla
somiglia foneticamente all’uomo che l’ha resa
famosa. Churchill e la moglie Clementine adoravano
gli animali e negli anni adottarono agnelli, maiali,
cigni, mucche e un leopardo. A parte Charlie, che
oggi è apparentemente l’uccello più anziano del
Regno Unito, nessuno di loro ha mai imparato a
parlare; Churchill, dicono i suoi biografi, si
divertiva a portare il pappagallo a riunioni con i
ministri e visite di dignitari stranieri. Lo
facevano sorridere le parolacce di Charlie e anche
le espressioni sconcertate di chi le sentiva.
Paola De Carolis
Gentilmente tratto dal quotidiano Il Corriere della
Sera
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